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Felice Blangini – La Vieille

(C’est une misère que nous jeunes gens)

Arietta per Soprano e archi
Orchestrazione di Angelo Tortone (1884 – 1973)

Da Felice Blangini ad Angelo Tortone, passando per Gozzano: La Vieille e la nostalgia del tempo andato.

Nato a Torino il 18 novembre 1781: questo afferma Giuseppe Marco Felice Blangini – questo il nome completo – nel primo capitolo dei suoi Souvenirs. Il quale fu però musicista dalla carriera quasi completamente francese, al punto che nella maturità fu noto in Europa come Félix, anche se intrattenne con la sua città di origine un rapporto comunque significativo. 

Il primo capitolo delle sue memorie prosegue con il ricordo degli inizi all’età di nove anni come ragazzo del coro della Cattedrale di San Giovanni Battista, la cui cappella musicale era diretta da Bernardino Maria Ottani, e di come all’età di dodici anni avesse addirittura composto un Kyrie e un mottetto, eseguiti nella Chiesa della Trinità. Blangini fissò inoltre sulla carta le esperienze rimaste maggiormente impresse, come l’aver eseguito le arie di Nina, ossia la pazza per amore di Giovanni Paisiello, opera che allora furoreggiava a Torino come altrove, oltre ad aver assistito ad altre commedie musicali di compositori italiani andate in scena al Teatro Carignano, confessando che tale genere rimase sempre per lui un ineguagliabile modello di ideale musicale.
Intanto aveva appreso anche il violoncello e il fortepiano e – come si legge nel secondo capitolo dei Souvenirs – si stava accingendo a partire per perfezionarsi a Bologna quando l’armata capeggiata da Bonaparte invase il Piemonte. Intorno ai primi del 1797 quindi sua madre decise di espatriare in Francia con Felice e la sorella Teresa, anch’ella musicista in quanto allieva per il violino di Gaetano Pugnani, con l’idea di guadagnarsi da vivere grazie alle esibizioni concertistiche della prole. 

Nei primissimi anni del nuovo secolo Blangini fece conoscere a Parigi la sua voce da tenore attraverso numerosi recital e divenendo un ricercato maestro di canto. Nello stesso tempo egli si affermò come compositore di opéras-comique, ma anche di duetti per voce e accompagnamento di pianoforte su testo amoroso, ora patetico ora idilliaco, in lingua italiana o francese, da Blangini stesso spesso denominati notturni.
Divenuto uno dei maggiori musicisti del momento, fu fatto chiamare da Paolina Bonaparte, già principessa Borghese, che si fece dare lezioni di canto e lo nominò “directeur” del suo corpo musicale: di quale corpo poi si trattasse è malizioso intendere, visto che non risulta che la sorella dell’empereur abbia mai avuto ufficialmente al proprio servizio un gruppo di musicisti.
Fu proprio in ragione della loro storia d’amoreche si spiega una parte della sua produzione di duetti per voce maschile e voce femminile. Iniziato a Parigi, il flirt proseguì nel 1808 a Nizza e poi per brevissimo tempo anche a Torino, dove Paolina avrebbe dovuto ricongiungersi con il consorte Camillo Borghese, spedito da Napoleone nella città subalpina al fine di fondarvi una corte satellite.
Blangini tornò a Parigi in quanto si prospettava una chiamata alle armi, ma il destino doveva riservargli nel 1809 la nomina a maestro di cappella e direttore generale della musica a Kassel, la capitale del Regno di Vestfalia governato da Gerolamo, fratello di Napoleone.

A Kassel sarebbero stati a sua disposizione sia strumentisti sia cantanti e un compenso molto attraente: qui il suo catalogo si arricchì di musica sacra e di vari lavori scenici, tra cui la cantata Werther eseguita nel 1813, ispirata al romanzo di Goethe che già aveva fornito l’ispirazione per una pagina di Pugnani. Incaricato di potenziare la cappella di Kassel egli scese in Italia nel 1812 alla ricerca di cantanti e recandosi anche a Torino.
Tuttavia a seguito della campagna di Russia la corte di Kassel venne occupata: Blangini, dopo un soggiorno a Monaco di Baviera, ritornò a Parigi dove sotto Luigi XVIII, il sovrano Borbone restaurato, nel 1816 gli furono conferiti nuovamente gli incarichi presso le istituzioni reali di musica. Nel 1828 si recò per l’ultima volta a Torino, resa necessaria la sua presenza ad un processo giudiziario: l’Accademia Filarmonica da poco costituita in città gli tributò l’onore di un concerto in cui egli stesso eseguì le proprie musiche.
Ma con i rivolgimenti del 1830 perse definitivamente gli incarichi. Gli ultimi anni della sua vita furono segnati inoltre da disavventure economiche e dalla presa di consapevolezza che il mondo artistico e musicale stava evolvendo in direzioni diverse da quelle della sua sensibilità: da quel mondo sarebbe stato pressoché dimenticato al momento della sua morte, avvenuta a Parigi il 18 dicembre 1841.

Caratteristiche che resero famose ai suoi tempi le musiche di Blangini – in particolare le arie – sono da rinvenire nelle melodie talvolta malinconiche, talvolta agrodolci, cui è affidato per intero il sentimento, dal trasporto allo sconforto, ma sempre con misura: melodie sostenute da un accompagnamento semplice e regolare. I momenti migliori si trovano quando vi aggiunge un pizzico di ironia, come nel caso del brano della presente edizione.

Il testo dell’aria C’est une misère è contenuto nel libretto dell’opéra-comique intitolata La Fée Urgèle, ou Ce qui plait aux Dames, scritto nel 1765 da Charles Simon Favart. La versione musicata da Blanginiandò in scena a Kassel nel 1812. All’interno dell’opera l’aria è cantata dal personaggio denominato La Vieille ed è quindi con tale appellativo che acquisì notorietà, nella versione per voce e pianoforte autorizzata da Blangini stesso.

C’est une misère que nos jeunes gens!
L’âge dégénère, ah ! le pauvre temps!


Quand j’étais dans ma jeunesse,
Que les amants étaient charmants!
Qu’ils avaient de politesse,
Ils étaient ardents, pressants. 

On n’en voit plus de cette espèce,
On n’en voit plus de si galants!
Ah ! le pauvre temps!

Chacun disait : ah! qu’elle est belle!
Et me jurait amour fidèle,
A présent, eh! bien, eh bien!
On ne me dit plus rien, rien, rien.

Il n’est plus d’amour sincère,
Il n’est plus d’amants constans;

Ah ! L’âge dégénère;
Ah ! le pauvre temps!


Tout est vanité, faste sans largesse,
Plaisirs sans gaîté, amants sans tendresse,
Leur délicatesse est dans leur santé.
Ah ! ah ! ah ! ah ! sur mes vieux ans,

Quel pauvre temps!

Il rimprovero che l’anziana signora rivolge alla giovane generazione, incapace – a suo dire – di mantenere la galanteria in auge al tempo della sua gioventù, ha un riuscitissima corrispondenza nell’aria sussiegosa e pungente della musica.

Sarà forse per questo motivo che La Vieille è una delle poche composizioni di Blangini che non sono cadute nell’oblio: merito anche del fatto che Alessandro Parisotti la incluse come pagina conclusiva del terzo dei tre volumi della sua antologia di Arie antiche, pubblicata da Ricordi nel 1900.

In questo nuovo avvicendarsi di due epoche – il tramonto ottocentesco delle profonde trasformazioni del linguaggio musicale da un lato e dall’altro l’alba novecentesca della modernità sonora – nasce il recupero di quanto di più genuino poteva ancora offrire la creatività dei compositori italiani, con un salto all’indietro di più di un secolo.
Non stupirà allora che diverse delle Arie antiche raccolte da Parisotti, compresa La Vieille di Blangini, venissero incluse nel revival che le cantatrici torinesi Silvia e Alina Zanardini presentarono tra l’autunno del 1914 e la primavera del 1915 a Torino e in altre città. E come introduzione da leggersi in apertura di questo spettacolo Guido Gozzano scrisse la poesia intitolata Prologo, in cui cita tra gli altri compositori eseguiti anche l’autore di La Vieille:

[…] s’eterna il Settecento più che in marmi o ritratti,
in un motivo lieve di Blangini… Scarlatti…
[…] (Prologo, vv. 17-18)

*  * *

In una Torino in cui quindi con grande probabilità non era mai stata dimenticata la stella di Blangini, la musica di La Vieille dovette giungere all’attenzione di Angelo Tortone, che gli riservò un’orchestrazione per soli archi, in stile che si potrebbe dire antico, o neoclassico.
Nato a Cambiano nel 1884, dopo aver ricevuto lezioni da Giovanni Bolzoni, la sua esistenza e la sua creatività trascorsero piuttosto defilate in una città in cui si stavano affacciando i moderni orientamenti musicali di primo Novecento. Una significativa apparizione pubblica di una scelta di liriche di Tortone per voce e pianoforte è datata 17 maggio 1920 al Liceo Musicale: è proprio per via del suo contributo a tale genere musicale – più di cento brani, con predilezione per i testi dei principali autori di tutta la letteratura italiana – che Tortone acquisì una certa notorietà negli anni tra le due guerre mondiali, pubblicando inoltre diverse pagine per pianoforte e qualche inno militare con l’approssimarsi della secondo conflitto. 

La sua penna scorse feconda anche nella scrittura di poemi sinfonici per grande orchestra e lavori di teatro musicale, che rimasero però manoscritti e solo alcuni eseguiti da orchestre sinfoniche torinesi. Cugino del violinista e compositore Rosario Scalero (in alcune occasioni e nel necrologio il suo nome compare come ‘Angelo Tortone Scalero’), pur essendo stato insegnante di pianoforte e composizione per molti anni, quasi come un sopravvissuto morì a Torino il 14 aprile 1973.

Si intuisce quindi perché la figura della Vieille dovesse piacere ai nostri artisti. Infatti tanto il compositore quanto il poeta si inoltravano in un nuovo secolo – Blangini nell’Ottocento, Gozzano nel Novecento – provando però nostalgia per il mondo che si erano lasciati alle spalle: Blangini per la vocalità classica, Gozzano per un’età sognata, di cui questo spartito era un simbolo.

Quasi come un antidoto ai rivolgimenti da un’epoca all’altra, vivere finalmente oppure rivivere attraverso il ricordo un’esistenza incompiuta per entrambi: una giovinezza negata per Blangini, una vita non vissuta per Gozzano. Divenire – e forse in questo Tortone può unirsi a loro – cantori di un inconfondibile sentimento: quello della bellezza del tempo andato.

Stefano Baldi

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