Per flauto e pianoforte
La Lucia di Lammermoor è un dramma tragico in due parti scritto da Gaetano Donizetti (1797-1848) su libretto di Salvadore Cammarano (1801-1852). Il soggetto è tratto dal romanzo storico The Bride of Lammermoor di Walter Scott scritto nel 1819 e tradotto in italiano sei anni dopo. La prima esecuzione ebbe luogo il 26 settembre 1835 a Napoli al Real Teatro di San Carlo con protagonisti Fanny Tacchinardi (Lucia), Gilbert Duprez (Edgardo) e Domenico Cosselli (Enrico). L’opera ebbe un successo straordinario sin dalla prima sera ed entrò rapidamente nei cartelloni di tutti i teatri. Lo spartito contiene numerosi pezzi di grande presa sul pubblico che furono utilizzati per innumerevoli fantasie virtuosistiche per ogni strumento.
Luigi Hugues elaborò una Fantasia per flauto con accompagnamento di pianoforte su temi della Lucia di Lammermoor che però non fu mai pubblicata. Il brano è stato scoperto da Bruno Raiteri nell’archivio del compositore nel quale sono presenti due manoscritti: la partitura e la parte staccata del flauto.
La partitura è formata da 9 carte da 12 pentagrammi di formato oblungo (240 x 310 mm. Torino, Tip. Bellardi e Appiotti, via Doragrossa, 32). Nella carta 1r è riportato il frontespizio: “Lucia di Lammermoor / di G. Donizetti / Fantasia per Flauto / con accompagnamento di pianoforte / di / Luigi Hugues / (Op. 93)”.
La parte staccata del flauto è formata da 4 carte da 10 pentagrammi (320 x 245 mm., Torino, Tip. Bellardi e Appiotti, via Doragrossa, 32) e ha il seguente frontespizio nella carta 1r: “[a destra, in alto] Flauto [al centro] Lucia di Lammermoor / di G. Donizetti / Fantasia per Flauto / con accompagnamento di Pianoforte / di / Luigi Hugues”.
La carta di entrambi i manoscritti è della Tip. Bellardi e Appiotti attiva a Torino dal 1873 al 1892. Nel 1865 Francesco Bellardi e Carlo Appiotti avevano rilevato insieme a Carlo Giorsini l’attività dei Fratelli Canfari e dal 1873 erano rimasti i soli titolari della ditta che nel 1892 cambiò ragione sociale per diventare Tipografia Bellardi e Borla. Nei manoscritti è indicato l’indirizzo “via Doragrossa, 32” e, se teniamo conto che nel 1882 la via cambiò nome e assunse quello attuale di via Garibaldi, possiamo concludere che Hugues acquistò la carta fra il 1873 e il 1882 ma, molto probabilmente, la utilizzò nell’anno seguente. La partitura è una bella copia con tutte le articolazioni e le indicazioni dinamiche indicate e Hugues nel frontespizio indica anche il numero d’opera 93. In realtà lo spartito non venne pubblicato e il numero d’opera 93 fu attribuito all’Allegretto capriccioso per flauto e pianoforte pubblicato da Lucca nel 1883 (la copia donata dall’autore alla Biblioteca del Conservatorio di Milano ha il timbro a secco “Deposito F. Lucca Giu. 1883”. Il numero d’opera 92 fu invece assegnato al Quintetto in re maggiore per due flauti, oboe, clarinetto e fagotto che però non venne pubblicato integralmente. L’editore Lucca diede alle stampe solo l’Allegro scherzoso (Intermezzo) e Hugues donò lo spartito alla Biblioteca del Conservatorio di Milano con la dedica autografa “Al Regio Conservatorio di Musica / di Milano / Omaggio dell’autore / Casale / 24 feb. 1883”. Possiamo quindi ipotizzare che Hugues abbia composto la Fantasia sulla Lucia di Lammermoor nel 1883 o, quanto meno, che ne abbia ipotizzato la pubblicazione in quel periodo.
Il brano utilizza tre melodie molto conosciute dell’opera di Donizetti: “Quando rapito in estasi” (All. moderato, C, re maggiore, mm. 16-81), tema della Cabaletta che chiude la Cavatina di Lucia nella Parte Prima; “Fra poco a me ricovero” (Larghetto, 3/4, la maggiore, mm. 93-157), melodia dell’Aria finale di Edgardo nella Parte seconda e “Come vinti da stanchezza” (Allegretto, 6/8, re maggiore, mm. 180-255), melodia del Coro che costituisce il tempo di mezzo della Scena e Cavatina di Enrico nella Parte Prima.
Questa Fantasia è scritta in modo molto curato. I tre temi sono tutti preparati da introduzioni pianistiche e poi ben sviluppati dal punto di vista virtuosistico fino all’accelerazione finale dell’Allegro vivo (mm. 256-268) che chiude il brano in modo molto brillante.